L’articolazione femoro-rotulea tra la superficie posteriore della rotula e i condili femorali non presenta un vero e proprio rapporto tra i capi ossei, ma ha numerosissimi rapporti muscolari e legamentosi: durante la flesso-estensione del ginocchio, i due condili femorali scorrono sulla cresta verticale della rotula come se fosse un binario.
La rotula é completamente inglobata dal tendine del quadricipite e possiamo immaginarla come il perno di una carrucola per sollevare dei pesi importanti: la rotula infatti gioca un ruolo fondamentale per favorire la potenza in estensione del ginocchio, riducendo tra l’altro anche l’attrito tra le strutture anatomiche.
Questa articolazione ha la fondamentale funzione biomeccanica di accettare il carico del peso corporeo sul ginocchio durante tutte le attività quotidiane (camminare, correre, salire e scendere le scale etc. etc.).
Il trattamento della rotula in caso di artroplastica di ginocchio é ormai una annosa questione.
Va sempre protesizzata anche la rotula?
Meglio evitare di protesizzarla?
Meglio protesizzarla in base alle specifiche del singolo paziente? O in base alle caratteristiche anatomiche della rotula in esame?
Alcuni chirurghi scelgono di praticare il RESURFACING ROTULEO (protesi di rotula) perché sembra ridurre il dolore post-operatorio anteriore del ginocchio, ma dagli studi che sono stati effettuati, i risultati non sono così certamente a favore di questa pratica per migliorare il benessere del paziente, anzi sono molto contraddittori: ecco perché é un argomento da anni sottoposto a discussioni accese tra gli addetti ai lavori.
Lo spessore fisiologico della rotula nell’uomo é di 25 mm, nella donna é di 22 mm: a volte però capita che la rotula del paziente risulti assottigliata e usurata. É necessario valutare lo spessore della rotula PRIMA di intervenire, perché un resurfacing eseguito su uno spessore rotuleo inferiore si 12-15 mm potrebbe facilmente esitare in una frattura (l’osso risulta troppo fragile).
Durante il resurfacing viene resecata una parte della rotula (avendo appunto cura di non rendere la rotula troppo sottile), e poi viene applicato l’impianto protesico: il chirurgo, al termine dell’intervento chirurgico, deve assicurare che queste due componenti (osso rotuleo e impianto protesico) abbiano uno spessore pari a quello fisiologico del paziente.
Se si ottiene uno spessore eccessivo, l’articolazione risulterà rigida e il paziente avrà sicuramente dolore.
Se si ottiene uno spessore insufficiente, il paziente avrà un deficit della potenza in estensione di ginocchio del quadricipite e un’elevata possibilità di incorrere in future fratture.
Se invece si sceglie di NON protesizzare la rotula, esistono due strade percorribili:
• la rotula ha un’innervazione di tipo sensoriale davvero molto ricca, per questo si pensa che intervenire con la cauterizzazione di queste fibre nervose (denervazione rotulea) sia una buona scelta per scongiurare il dolore persistente nel post-chirurgico della parte anteriore del ginocchio… tuttavia, anche questa pratica non sembra essere risolutiva al 100%.
• viene eseguito un rimodellamento (patelloplastica) della rotula al fine di renderla più congruente al design della componente femorale: questa tecnica può dare ottimi risultati ma non in tutti i casi.
Negli Stati Uniti i chirurghi ortopedici intervengono praticamente SEMPRE sulla rotula.
In Svezia e Norvegia quasi MAI, o comunque con una percentuale del 2-4%, in Italia la percentuale si attesta sul 20% circa.
Un’altra complicanza che va ad alimentare la discussione sulla scelta di protesizzare o meno la rotula, é quella del disallineamento rotuleo, frequente fonte di dolore anteriore post-chirurgico: il chirurgo deve riuscire ad ottenere che la rotula protesizzata risulti correttamente orientata sull’asse fisiologico, andando a mimare la situazione anatomica specifica del paziente nel pre-operatorio.
Io personalmente scelgo di protesizzare la rotula in alcuni casi specifici: un esempio é il caso in cui la rotula risulta estremamente sbilanciata dopo l’impianto protesico, oppure il caso in cui l’artrosi del paziente é prevalentemente a carico della componente femoro-rotulea, con dolore riferito pre-intervento in zona anteriore.
Preferisco protesizzare la rotula nei casi di rotula “bassa” o “alta”, per poter rendere l’articolazione più congrua, giocando sul posizionamento dell’impianto.
Difficilmente eseguo una protesi di rotula nel paziente maschio, poiché è in genere meno soggetto al dolore anteriore post-intervento di protesi di ginocchio; mi capita invece più spesso di eseguire un resurfacing rotuleo nella donna.
L’apparato estensore femminile è più spesso soggetto ad infiammazione e dolore per particolari caratteristiche anatomiche e linfatiche, e in questi casi la protesizzazione della rotula potrebbe ridurne l’incidenza.
Nei casi in cui scelgo di non protesizzare la rotula, eseguo una denervazione peri-rotulea, una pratica chirurgica semplice che sembra (almeno nel primo anno post-intervento) ridurre la sensibilità e quindi il dolore anteriore.
Abbino alla denervazione una plastica di rimozione degli osteofiti e in alcuni casi una plastica di ricentratura dell’eminenza rotulea.
Questa procedura consiste nella scolpitura della faccia articolare rotulea con una sega motorizzata, evitando di eccedere con la rimozione cartilaginea e ossea per i motivi che abbiamo già spiegato all’inizio.
La mia pratica chirurgica è quindi valutata sul caso specifico, prendendo in considerazione esami strumentali, la sintomatologia pre-intervento e le informazioni che ottengo durante la procedura chirugica.
Mi piace definirlo non un “menù fisso”, ma “alla carta”.